Produrre petrolio è un’attività che potremmo definire “scrocchiarella” per gli immensi ritorni, però è anche molto varia.
Ci sono stati che estraggono petrolio dallo scisto, da piattaforme off-shore, dal giardino (desertico) di casa: le situazioni sono molto differenti e in quanto tali hanno costi diversi.
Di seguito un grafico che riporta il costo per barile dei maggiori produttori di crude oil al mondo.
Sul podio c’è il Regno Unito, seguito dal Brasile, dalla Nigeria e, in seguito dal Venezuela.
Ognuno degli stati nella lista ha specifiche particolarità, come ci viene descritto dal Wall Street Journal
Andiamo per step.
Domina la classifica il Regno Unito con i suoi vecchi e remoti impianti off-shore, piazzati in mezzo al tempestoso Mare del Nord.Segue la Nigeria con problemi di sabotaggi e furti.
Pare che la produzione si sia spostata sull’off-shore per questioni di sicurezza, però come infrastrutture costa di più degli impianti sulla terraferma. Pure la Norvegia ha problemi logistici in quanto i suoi impianti sono remoti e quindi costosi.
Dominano ancora Regno Unito, Brasile, Nigeria, Venezuela.
La maggior parte della crescita della produzione in Canada proviene dai depositi di sabbie bituminose nelle remote foreste boreali dell’Alberta settentrionale, che presentano alcuni dei più alti costi di capitale del settore e tempi di sviluppo più lunghi. Le sabbie bituminose canadesi rappresentano la terza più grande riserva al mondo dopo l’Arabia Saudita e il Venezuela (pazzesco a pensarci).
La situazione Indonesiana è meno chiara; tra infrastrutture vecchie e governo che non incentiva gli investimenti, non ho capito benissimo qual è il problema di un costo di produzione così alto.
La situazione in questo caso è paradossale perché percentualmente sono altissime nelle zone in cui il petrolio esce direttamente dai rubinetti del bagno quali Iran, Iraq e Arabia Saudita.
Nonostante detenga le maggiori riserve di petrolio del mondo con 298 miliardi di barili, la produzione del Venezuela è diminuita negli ultimi due anni a causa dei minori investimenti. Le tasse in Venezuela rimangono tra le più alte al mondo con il 50% degli utili per le società straniere, sebbene siano diminuite dal 95% quando i prezzi del petrolio erano superiori a $ 100 al barile. (Evviva il socialismo! N.d.R.).
Pure i russi non se la passano bene. Produrre petrolio per loro è una sciocchezza per via di abbondanti risorse onshore, manodopera a basso costo e una rete ben sviluppata di oleodotti, impianti di lavorazione e altre infrastrutture; però il governo tassa come un maniaco.
Queste ultime grafiche comparano il costo per barile alla produzione (purtroppo è datata 2014).
Non parliamo poi delle differenze di prezzo tra i diversi PADD.
Sarebbe strano e raro ma tecnicamente non impossibile vedere il petrolio scendere sotto la fatidica soglia dei 40$ dollari al barile.
FONTE 1: http://graphics.wsj.com/oil-barrel-breakdown/
FONTE 2: https://knoema.com/
FONTE 3: https://www.eia.gov/dnav/pet/pet_pri_dfp1_k_m.htm
_
Per ulteriori analisi e approfondimenti, entra nel B-Club!