Houston, abbiamo di nuovo un problema.
Sto parlando dell’industria dello scisto statunitense che è stata devastata dall’impatto del covid-19 sui consumi. Questi sono crollati e l’industria ha dovuto compiere manovre mai viste prima per stare a galla, come diminuire di numero e portata gli impianti di trivellazione o l’efficienza delle raffinerie.
Questi cambiamenti però hanno un prezzo salatissimo da pagare. In primo luogo sui conti delle aziende. Tutte le principali aziende di scisto sono in profonda crisi e a rischio fallimento perché hanno da sempre altissimo costi di gestione e ingenti debiti infrastrutturali.
Il secondo grande problema trattato ieri su Bloomberg riguarda i pozzi di perforazione. I pozzi di perforazione da cui si estrae petrolio dallo scisto, infatti, sono molto più potenti di quelli “tradizionali” ma anche molto meno longevi.
È un fenomeno che è attribuibile alla stessa geologia dello scisto. Proprio come una bottiglia di champagne agitata esplode quando il suo tappo viene fatto scoppiare, un pozzo di petrolio di scisto esplode con un iniziale scoppio.
La schiuma è di breve durata, a differenza dei pozzi vecchio stile nelle rocce convenzionali che sono caratterizzati da tassi di produzione più costanti a lungo termine.
Per compensare la curva di declino, gli esploratori di scisto devono continuare a perforare. E perforare. E perforare.
Però l’inversione di prezzo potente del crude oil nell’ultimo mese, ha esposto questo grande problema come mai prima d’ora. Infatti, tutte le aziende erano impegnate a fermare la produzione, contenere i costi ed evitare il fallimento. La ricerca di nuovi pozzi era in secondo piano.
Tale è la dipendenza dell’America dalle nuove perforazioni che il 55% della produzione di scisto del paese proviene da pozzi perforati negli ultimi 14 mesi, secondo ShaleProfile.
Per avere un’idea di come drasticamente i pozzi di scisto si esauriscano, considerate questo: meno del 20% del calo atteso di quest’anno della produzione complessiva di greggio negli Stati Uniti proverrà dalla chiusura dei pozzi esistenti, secondo IHS Markit Ltd.
Un’altra ricerca drammatica prevede che la produzione totale statunitense rischia di crollare a livelli di 20 anni fa, se non si riprenderà subito l’attività di ricerca e perforazione di nuovi pozzi.
Insomma, l’intera industria petrolifera americana sta affrontando la peggiore crisi di sempre e rischia di uscirne profondamente cambiata.
Come si ripercuoterà sui prezzi, non lo sappiamo (chiunque scriva su queste pagine non è mica nostradamus). Ciò che sappiamo è che dobbiamo prestare attenzione e aspettarci alta volatilità ancora per molto.
Buon lunedì e buona settimana
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