E’ giunta la fine per lo shale oil texano?

  • Home
  • E’ giunta la fine per lo shale oil texano?
Shape Image One
E’ giunta la fine per lo shale oil texano?

Ultimamente abbiamo raccontato molto della crisi del petrolio statunitense causata in primo luogo dalla guerra dei prezzi e poi dal coronavirus.

In un sondaggio condotto dalla FED di Dallas tra l’11 e il 19 marzo è sorto che i produttori di petrolio texani sono i più colpiti.

Il sondaggio mira a tracciare la situazione economica e “psicologica” del settore, così da farne un quadro completo.

I risultati sono drammatici. Il business activity index, che misura l’attività nel settore energetico, è precipitato nel primo trimestre, scendendo a una lettura di -50,9, in calo rispetto a -4,9 del quarto trimestre dell’anno scorso, una conseguenza dei gravi tagli ai budget di spesa.

Il problema (come sa bene la Russia) sono i costi operativi. Solo i costi di gestione superano i 23 $/b come minimo e arrivano a un massimo di 36 $/b. Di seguito il grafico che mostra i costi operativi per zona e tipologia di produzione.

Questi sono solo i costi di gestione. I livelli di breakevens per perforare nuovi pozzi sono all’incirca il doppio, con breakevens medi per pozzi del Permiano di $ 46 $/b.

Ma anche quella cifra include solo il costo di perforazione di un nuovo pozzo ed esclude altri costi, come il pagamento del debito (ne abbiamo già parlato qui), le spese generali e altri costi aziendali.

Ciò non significa che ci sarà un’ondata immediata di chiusure. Le aziende mantengono le attività operative per una serie di motivi: ci sono costi per l’avvio e lo spegnimento, il pozzo può essere danneggiato nel processo e alcuni termini di leasing di terreni o obbligazioni di debito incentivano la perforazione anche quando potrebbe non avere senso. 

Ma le cifre rivelano che l’industria è in uno stato di profonda crisi e molti pozzi si chiuderanno se i prezzi attuali persistono. Decine di migliaia di persone sono già state licenziate.

Il tema della Russia e dell’Arabia Saudita è emerso ripetutamente come fonte di problemi. Sorprendentemente, molti dirigenti hanno minimizzato l’impatto del coronavirus, anche se forse questo è dovuto al fatto che il sondaggio è stato condotto prima che i contagi aumentassero in modo esponenziale.

Il Texas nel mondo

Ricordo che il Texas è sempre stato uno stato incredibilmente ricco fin dai primi del ‘900 proprio per gli enormi giacimenti di petrolio. Ha fatto un balzo avanti con l’industria dello scisto, come si può notare dall’immagine seguente.

Il Texas è il maggiore produttore di petrolio degli Stati Uniti. Di seguito la produzione annuale del 2018 in migliaia di barili.

E’ talmente ricco da competere direttamente come produttore con altri Stati. Si posiziona infatti come quarto produttore mondiale.

Preciso che le stime di Usa, Russia e Arabia sono leggermente cambiate proprio a causa della guerra dei prezzi.

E’ impressionante però notare la presenza del Texas subito sotto il podio.

Questo sottolinea ancora di più quanto sia importante questa industria attualmente in grande difficoltà. Senza enormi aiuti statali e/o politici, subirà enormi e duraturi danni.

_

Per ulteriori analisi e approfondimenti, entra nel BClub!

Analisi, news e spunti operativi, gratis nella tua inbox ogni domenica mattina.

 

 

Anche noi odiamo lo spam: i tuoi dati sono al sicuro e potrai cancellarti in qualsiasi momento.