La crisi del petrolio spiegata bene

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La crisi del petrolio spiegata bene

Il mercato del petrolio è nell’occhio del ciclone e ci ha fatto vedere cose che pensavamo non sarebbero mai successe, come un prezzo negativo.

Ora, come trader e appassionati di mercati, dobbiamo capire come potrà evolversi la situazione; situazione che, come al solito, è molto più sfaccettata e complessa di come si legge ad esempio su Facebook.

Come ho già detto in diverse altre occasioni, la crisi del petrolio è semplicissima da spiegare: la produzione è rimasta a livelli pre-coronavirus, la domanda è invece calata di 30-35 milioni di barili al giorno (30-35%). Questa forbice ha fatto crollare il prezzo. Punto.

Grafico dell’ente governativo dell’energia degli Stati Uniti in cui si vede il crollo della domanda (World Consumption).

Crisi dello scisto

Il petrolio estratto dallo scisto è una delle rivoluzioni più importanti di questo nuovo secolo e ha permesso agli Stati Uniti di rendersi a tutti gli effetti indipendenti dai paesi arabi. A gennaio di quest’anno Trump ha dichiarato a gran voce l’indipendenza energetica.

Per decenni gli Stati Uniti sono stati letteralmente succubi dei paesi OPEC e in primis dell’Arabia Saudita. Condizione inaccettabile a livello politico (sono una superpotenza o no?!) ed economico (la crescita interna non può dipendere da un fattore esterno).

Questa rivoluzione consta in un nuovo metodo di estrazione del petrolio dalle sabbie bituminose che si trovano un po’ in tutto il mondo (anche in Europa) ma sono in prevalenza negli Stati Uniti. Questo nuovo metodo si unisce al “classico” e ha portato gli Stati Uniti a diventare i maggiori produttori al mondo.

Infatti il petrolio negli States c’è da oltre un secolo, soprattutto in Texas, ma i volumi produttivi superavano a stento i 5 milioni di barili al giorno. Il regime produttivo fino ai primi di aprile era di 13 milioni di barili al giorno.

Grafico dal 2013 della produzione degli Stati Uniti

Ora tutto il settore è in crisi nera perché estrarre il petrolio dallo scisto costa almeno il doppio (se non il triplo) del metodo “classico”. Il punto di breakeven operativo è intorno ai 40$ al barile con variazioni tra i 37 e i 75 dollari.

Già nel 2014 l’intera industria era stata messa in crisi dall’Arabia Saudita a cui non è mai andato bene il cambio di leadership nel settore petrolifero. I produttori di scisto quella volta hanno retto il colpo e dimezzato i costi produttivi diventando più competitivi.

Ora si trova di fronte a una nuova sfida a causa del crollo verticale della domanda mondiale di petrolio (-35%).

Domanda di Gasoline (Benzina) al 23/04/2020. La benzina rappresenta il 40% dl prodotto lavorato dal Crude Oil.

Attualmente il crude oil WTI contratto di giugno prezza 15.62 $/B, quello di luglio 20 $/B. Il prezzo è basso e inaccettabile per qualsiasi paese, compresa l’Arabia Saudita che produce a circa 10$/B ma ha il breakeven reale a oltre 90$/B (oltre ad avere una totale dipendenza dall’indotto del petrolio).

Per lo scisto è ancor più insopportabile e attualmente il settore è terrorizzato dalle conseguenze. Al 24 aprile si contavano 51.000 licenziamenti, debiti in aumento di 10 miliardi (sfiorando i 200 miliardi di dollari), molte aziende medio-piccole in fallimento e diverse aziende offshort in fallimento (come la Diamond Offshore).

Numerosi impianti di perforazione stanno chiudendo e le raffinerie lavorano a un ritmo molto minore del previsto, eppure la produzione è calata solo di 900.000 barili al giorno; davvero troppo poco per avere effetti visibili.

Totale degli impianti di estrazione. In diminuzione di 60 unità (dato di venerdì 24 aprile)
Calo degli impianti di trivellazione orizzontale (i più comuni)
Calo degli impianti di perforazione per bacino. Ricordo che il Permiano è quello più produttivo in assoluto (Texas occidentale e New Mexico orientale)

Trump ha promesso sostanziosi aiuti economici ma tutti i produttori sono incerti sul da farsi. Alcuni pensano sia la mossa migliore, alcuni vogliono dazi all’importazione, alcuni vogliono soluzioni di politica estera.

Al momento il governo sta anche cercando di acquistare il petrolio dalle raffinerie per espandere le scorte e aiutare l’industria che poi risarcirà il debito appena il prezzo tornerà a dei livelli sostenibili. Lo stoccaggio a Cushing in Oklahoma, però, dovrebbe raggiungere i massimi entro fine maggio.

Dato dello stoccaggio a Cushing rispetto gli anni precedenti.
Lo stoccaggio di Cushing in rapporto al livello massimo.

Kuwait e Arabia Saudita hanno iniziato a diminuire un poco la produzione anticipando il giorno dell’accordo OPEC+(ovvero il primo maggio).

Crisi delle aziende

Le major del petrolio si trovano ad affrontare un vizio finanziario come mai prima d’ora. La norvegese Equinor è diventata la prima grande compagnia petrolifera a tagliare il suo dividendo , tagliandolo del 67 percento.

Le aziende stanno tagliando i dividendi, fermando progetti e contraendo ulteriore debito.

ExxonMobil ha già assunto ulteriori $ 18 miliardi di debito nei soli mesi di marzo e aprile, dopo i $ 7 miliardi di obbligazioni emesse in tutto lo scorso anno. Shell ha contratto $ 20 miliardi di nuovi debiti nelle ultime settimane. 

Non è chiaro per quanto tempo può durare quella strategia. ExxonMobil ha già visto declassare il proprio credito da due diverse agenzie di rating da marzo. 

Confronto degli ultimi 6 mesi tra Exxon e Chevron
Confronto degli ultimi 6 mesi tra British Petroleum e Royal Dutch Shell

La Royal Dutch Shell ha rinviato due grandi progetti di petrolio e gas nel Golfo del Messico e nel Mare del Nord a causa della crisi in atto. Molti altri progetti verranno ritardati o annullati del tutto. 

Le società indipendenti statunitensi di scisto sono in condizioni ancora peggiori. Si stima che 2.500 lavoratori del petrolio e del gas abbiano perso il lavoro in Texas nel giro di 10 giorni. Continental Resources ha chiuso la maggior parte della sua produzione nel Nord Dakota a causa dei prezzi bassi. 

A marzo, Occidental Petroleum ha tagliato il dividendo dell’86 percento. Occidental è in una situazione finanziaria molto più grave rispetto alle major petrolifere, in gran parte incapace di contrarre nuovi debiti dopo l’acquisizione di Anadarko Petroleum lo scorso anno.

Le major petrolifere hanno una capacità molto migliore di sopravvivere alla crisi rispetto ai perforatori di scisto indipendenti.

A livello finanziario, il settore energetico è quello che ha perso di più, come si evince dalle tre seguenti immagini (sul paniere S&P500).

Performance tra i diversi settori
Performance tra i diversi settori
Performance tra i diversi settori

Crisi geopolitica

“Il crollo del mercato petrolifero”, ipotizza Fred Kaplan di Slate , “potrebbe scatenare qualcosa di più grave e duraturo in alcune regioni del mondo nei prossimi mesi: crisi socioeconomiche, interruzioni politiche e cambiamenti nell’equilibrio del potere”. 

Le conseguenze saranno maggiori per le nazioni che fanno più affidamento sul petrolio per il loro prodotto interno lordo, con una previsione particolarmente cupa per gli autocrati petroliferi che guidano i petro-stati come Arabia Saudita, Russia, Azerbaigian, Iran, Iraq, Qatar e Kuwait , per citarne solo alcuni, che faranno fatica a mantenere il proprio potere se il petrolio perde la sua influenza. 

Il 60 percento del PIL dell’Arabia Saudita proviene direttamente dalle entrate petrolifere. Gli utili del settore petrolifero rappresentano oltre il 60 percento del budget totale del governo e quasi il 75 percento delle esportazioni nazionali. 

Incredibilmente, Iran, Iraq, Qatar e Kuwait sono ancora più dipendenti. 

Solo un po’ meno dipendente la Russia: un terzo del PIL russo, metà del bilancio e due terzi delle esportazioni della nazione provengono direttamente dalle entrate petrolifere. 

“Al contrario, il petrolio rappresenta solo l’8% del PIL degli Stati Uniti – una quota significativa, in particolare il Texas, ma non la forza incombente che è in molti altri paesi”, scrive Kaplan. 

Mentre Russia e Arabia hanno fondi sovrani cospicui con cui affrontare la crisi, altri paesi sono completamente in balìa della crisi: Venezuela in primis. A seguire Equador, Qatar, Kuwait, Iraq e Iran.

Crisi dei trader

E per quanto riguarda il trading?

Molti trader, hedge fund e istituti hanno perso montagne di soldi, dalla Bank of China (1 miliardo), a Interactive Brokers (88 milioni a causa delle posizioni non chiuse).

La situazione rimane complessa e difficilmente leggibile quindi preferisco partire da cosa faccio io.

Struttura a termine del Crude Oil future. Confronto con la stessa curva ma di una settimana prima.

In primo luogo, a fine marzo ho comprato un vertical spread di call strike 40-45 scadenza settembre sul Crude Oil. Cosa vuol dire? Vuol dire che avevo previsto (o sperato?) che per settembre il Crude Oil avrebbe raggiunto almeno i 41 $/B, prezzo in cui sarei andato in breakeven.

Sono quasi certo che non raggiungerà quella soglia quindi perderò soldi. Per fortuna è uno spread in opzioni quindi la mia massima perdita è il valore della call acquistata (circa 1100 dollari).

Grafico classico di un vertical spread di call.

A livello di spread trading sono completamente fermo. So che l’opportunità d’acquisto è buona sono ancora insicuro per via di tutto ciò che abbiamo appena detto.

Per quanto riguarda i trading system, sono live con due sistemi molto vecchi e semplici di cui mi fido molto (uno intraday, l’altro breakout).

C’è chi dice che sia meglio comprare le azioni delle aziende petrolifere, chi gli ETF, chi i future lontani, chi sua nonna in carriola. La mia opinione è che il crude oil è ancora troppo incerto.

Infatti la domanda è stimata ancora a 65-70 milioni di B/g contro un normale 100 Mb/g e la produzione non è stata ancora tagliata in modo significativo (sembra sia intorno ai 90 Mb/g); insomma, lo squilibrio è ancora troppo grande per poter vedere il prezzo salire.

Gli analisti chiaramente fanno a chi la spara più grossa; un’analisi ragione è di Goldman Sachs che vede ancora un crollo del petrolio.

Prezzo del Crude Oil Giugno in confronto con altri contratti Giugno degli anni precedenti (fino al 2020).

Quindi?

Faccio come sempre quando non ho sicurezza in qualcosa in ambito trading: guardo e non opero. Inutile rischiare senza che nessuno al mondo abbia la benché minima certezza di come andranno le cose.

Tengo i miei sistemini onesti e scrocchiarelli a lavorare e presto attenzione a futuri eventuali problemi sul future di giugno o ad improvvisi picchi di volatilità così che li possa staccare.

Spero di aver aiutato a chiarire la situazione.

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