Petrolio in crisi: cosa succede ora?

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Petrolio in crisi: cosa succede ora?

La situazione del petrolio si fa decisamente seria. Se il prezzo negativo di un contratto quasi in scadenza fa rumore, il crollo del contratto di giugno (12,50$) e degli altri contratti futuri fa preoccupare davvero.

Come già detto nei precedenti articoli, il gap tra domanda e offerta è attualmente incolmabile.

Cerchiamo di capire cosa possiamo aspettarci dai principali attori del mercato petrolifero.

Trump

Il presidente degli Stati Uniti è in una posizione estremamente delicata. Per settimane ha posticipato la soluzione del problema spingendo sui lati positivi come l’incremento delle scorte governative e prezzo della benzina più basso. Ora l’intera industria reclama soluzioni.

La soluzione primaria a cui si è appellato è una serie di dazi contro l’import di petrolio. E’ una misura che in effetti potrebbe aiutare le struttura dedicate allo stoccaggio a sopravvivere un pochino più a lungo, ad esempio, eppure è più complicato del previsto.

Ad esempio ci sono 20 navi superpetroliere arabe in viaggio verso gli States che, come racconta Bloomberg, non è sostanzialmente possibile fermare perché i costi ricadrebbero sulle stesse raffinerie di destinazione.

40 milioni di barili di greggio saudita dovrebbero arrivare negli Stati Uniti entro il 1 ° giugno.

Inoltre ci sono anche circa 30 superpetroliere al largo della California che si stima trasportino fino a 20 milioni di barili.

La produzione, i nuovi pozzi stanno sempre più diminuendo facendo intuire un potenziale di taglio della produzione fino al 20% per il 2020. E’ un taglio della produzione che mette in ginocchio un’industria già enormemente provata.

Gli operatori stanno chiudendo i pozzi, chiudendo un impianti di perforazione su tre, abbandonando il fracking, licenziando 51.000 lavoratori, tagliando i salari e persino andando in bancarotta solo sei settimane dopo l’inizio dell’ultimo crollo dei prezzi. 

I debiti delle aziende che estraggono petrolio dallo scisto è salito a 190 miliardi, aumentando di 11 miliardi in una sola settimana.

Un altro modo per Trump di aiutare l’industria potrebbe essere quello semplicemente di finanziare con i soldi d’emergenza del governo, le aziende.

OPEC

L’Arabia Saudita, il più grande membro dell’OPEC, ha ribadito in una dichiarazione martedì che è pronta per ulteriori misure con il resto del gruppo e i suoi alleati per garantire la stabilità del mercato.

L’organizzazione ha anche ricevuto una proposta dall’Algeria, che quest’anno detiene la presidenza di turno dell’OPEC, per iniziare immediatamente i tagli previsti, invece del 1 maggio come attualmente previsto. Il suggerimento non ha finora ricevuto il sostegno di membri più grandi.

Il taglio extra previsto dall’OPEC+ di 9,7 milioni di barili sarà assolutamente insufficiente a colmare il calo verticale della domanda. E’ evidente che Arabia e Russia hanno sbagliato tutto a forzare la guerra dei prezzi in tempi di coronavirus, facendo pressione anzitempo sulle proprie finanze già delicate e dipendenti dal greggio.

Produzione giornaliera suddivisa per mesi.

I consulenti affermano che ai dipartimenti governativi arabi è stato chiesto di frenare le spese fino al 20%. Di conseguenza, Riyad dovrebbe ritardare o arrestare i progetti del governo, compresi i megaprogetti che sono fondamentali per i piani del principe ereditario Mohammed bin Salman di modernizzare l’economia.

Il Qatar e Abu Dhabi hanno già sfruttato i mercati del debito per aumentare le loro casse, raccogliendo rispettivamente $ 10 e $ 7 miliardi.

Le sfide sono molto più gravi per i produttori più poveri come l’Iraq, l’Algeria e l’Oman.

Funzionari iracheni hanno avvertito che il governo potrebbe non essere in grado di pagare la metà dei salari del settore pubblico il mese prossimo, mentre l’Algeria, dove il breakeven del petrolio è di $ 157 dollari al barile, ha detto che taglierà la spesa pubblica del 30 per cento.

Breakeven price REALE.

Russia

La Russia dal canto suo sembra intenzionata a effettuare tagli fino al 20% della produzione. In base all’accordo, Mosca deve tagliare la sua produzione di petrolio di 2,5 milioni di barili al mese di maggio.

Le società russe hanno significativamente rivisto al ribasso i loro piani per le esportazioni di petrolio a maggio in seguito all’accordo globale con i paesi OPEC.

Finora questo mese, la produzione di petrolio e gas in Russia si è attestata a 11,27 milioni di barili al giorno, secondo una fonte del settore energetico, in calo da 11,29 milioni di barili al giorno in media il mese scorso.

Il mese scorso, Mosca ha previsto che il fondo d’emergenza da 12,9 miliardi di rubli ($ 170 miliardi) avrebbe colmato il divario nel suo bilancio per circa otto anni. Ma questo fine settimana, poiché i prezzi del petrolio hanno continuato a scendere, ha affermato che i fondi sarebbero durati solo la metà.

Quasi la metà del denaro sarà stato speso nel solo 2020, secondo Anton Siluanov, ministro delle finanze russo.

Africa e America Latina

La Nigeria, primo paese produttore africano e potenza economica del continente non se la passa bene. “La nostra economia è in crisi”, ha detto il ministro delle finanze Zainab Ahmed alla TV locale due settimane fa. Ha stimato che l’economia potrebbe ridursi fino al 3,4% quest’anno senza un massiccio piano di stimolo.

“Il crollo dei prezzi del petrolio è l’ultima cosa di cui l’America Latina ha bisogno”, ha dichiarato Oxford Economics in un recente rapporto. “L’ultima volta che i prezzi del petrolio sono scesi a $ 30 al barile, all’inizio del 2016, l’America Latina è entrata in una recessione pochi mesi dopo”. 

Se la passa un pochino meglio il Brasile ma Ecuador, Venezuela e l’Argentina, un defaulter seriale (parole del FT), sono in enorme crisi.

Forecast della contrazione del PIL nelle economie dipendenti dal Petrolio.

Prezzi

Intanto i prezzi del petrolio quotato al Nymex sono sensibilmente peggiorati rispetto settimana scorsa.

Non aspettiamoci, quindi, particolari rialzi strutturali per parecchio tempo.

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